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Lo strappo - quella data dolceamara

 

Avevo 9 anni e mezzo ma ne dimostravo 13, ero convinta che la vita che svolgevo, con la mia stramba famiglia, fosse una vita normale, in fondo quando sei piccino, tutto ciò che conosci è la tua realtà…e i problemi non li vedi, li percepisci, li respiri, li vivi, ma non li sai valutare. Vai avanti di cuore, intuito, paura, ricerca di affetto, vedi i tuoi genitori addormentarsi perché strafatti ma stai lì tranquillo in un angolino ad aspettare quei dieci minuti di lucidità, loro sono tutto quello che hai e… quando sono svegli, sono proprio dei genitori amorevoli, non ti picchiano, non ti maltrattano. 

Sono i Tuoi genitori! 

Pazienza, se sono così manchevoli…tu mica lo sai cos’è la trascuratezza, la negligenza!!! È tutto così semplice ai tuoi occhi, perché mai la situazione dovrebbe cambiare?!?!

In questo stralcio di racconto preferisco narrare le cose per come le ho vissute in quel momento lì,

probabilmente ora utilizzerei parole diverse, darei interpretazioni diverse. Seppur con tanta fatica, ora che sono grande ed ho molti strumenti a disposizione ho ricollocato tanti eventi e rielaborato tanti vissuti che lì per lì non avevano nessun senso. Faccio questa premessa perché ritengo che sia parte del problema, l’impossibilità di comprendere ed elaborare cosa stesse accadendo.

Fu in un bellissimo ed orribile giorno di ottobre che da un minuto all’altro la mia vita cambiò così

drasticamente che son sicura di aver vissuto un trauma, uno shock che mi è stato procurato proprio da chi voleva aiutarmi…i servizi sociali! 

Ero appena tornata a casa da scuola, sul tavolo la solita pasta in bianco e il cornetto algida che ogni giorno il mio papà mi comprava per strapparmi un sorriso e compensare le scarse qualità culinarie. Con gli occhi pieni di lacrime lui mi disse:” fra un’ora andiamo da degli zii, so di non averteli mai nominati, abitano in un paese qui vicino…resterai lì a dormire solo qualche giorno, a vivere solo

un paio di mesi…”e mano mano che aggiungeva parole il suo singhiozzo aumentava, e anche la prospettiva di quella nuova dimensione si prolungava…riusciva a comunicarmi un pezzetto alla volta. Erano tutte affermazioni che capivo mi avrebbero stravolto la vita, la mia quotidianità, le poche certezze che avevo, mi avrebbero allontanata dai miei genitori per affidarmi a dei perfetti sconosciuti. 

Ma è uno scherzo? 

Mi sentivo avvolta in una nebulosa, anzi precipitata in un buco nero, non potevo credere alle mie orecchie “ma non dovevamo tornare a vivere a Palermo, nel mio paese di nascita? Che stava succedendo? 

Perché?

Perchè mio papà non faceva qualcosa per evitare tutto ciò? Dove erano andate a finire tutte le promesse fatte? E mio fratello?” Un miliardo di domande stoppate in gola. Da lì a un’ora l’incontro con i servizi sociali e quelli che sarebbero diventati i miei genitori affidatari. Non avevo mai incontrato un assistente sociale in vita mia, da quel che so fino a quel momento lì non eravamo mai stati presi in carico, forse avevano ricevuto delle segnalazioni? Vi assicuro che fu un fulmine, anzi una tempesta di fulmini, a ciel sereno. 

Mi sentivo strappata, strappata via, strappata dentro. Io piangevo disperatamente, mi dimenavo, aggrappata con tutte le unghie alla maglietta di mio padre… combattevo con tutta me stessa per me e per mio fratello, che così piccolino, aveva poco più di 2 anni, ….era incredulo, sgomento,. Ricordo i suoi occhi a palla, immagino non stesse capendo molto di ciò che accadeva, ma piangeva al mio ritmo, più urlavo più lui urlava, ero il suo specchio. 

E mi dispaccio di non aver potuto essere un buon esempio, so di averlo spaventato con il mio atteggiamento in molte occasioni, non solo quella volta. Ma forse non avrebbe dovuto spettare a me preoccuparmi di proteggere anche lui, anzi sicuramente non spettava a me, ma è andata proprio così. Se non ti proteggono gli adulti…. a chi tocca farlo? potevo non farlo? Se non ti viene spiegato nulla, vivi momento per momento in un senso di precarietà, dove percepisci che tutto potrebbe

ricambiare di nuovo ma anche no, come puoi vivere sereno?

Comunque, tornando a noi….quel giorno iniziò la bugia più grande: “Starai qui qualche mese, massimo due- tre mesi e poi tornerete tutti quanti a Palermo con papà”. 

Nomino sempre papà perché dopo un lungo percorso di disintossicazione in comunità, diversamente dalla nostra mamma, era uscito completamente dal tunnel della droga. Aveva un lavoro, forse in nero, una casa messa maluccio ma abitava con la sua mamma e nonna. Questo era ciò che sapevo, ciò che mi venne riferito quel giorno per darmi probabilmente una lucina di speranza e fiducia (un contentino?) per poter andare a dormire in casa d’altri. 

Altri che per me erano dei perfetti sconosciuti, impacciati e impauriti, giustamente, tanto quanto

me. Scioccati anche loro, in lista d’attesa per un’adozione e forse presi dalla gola di diventare genitori da un minuto all’altro. Messi alle strette.. ripensando a quel giorno, e ai mesi successivi, mi han sempre detto di essersi sentiti “ladri di bambini”. Avrei preferito non andasse così nemmeno per loro, non deve essere stato facile vederci dimenare così e vivere il nostro rifiuto categorico…. gli è rimasto impresso per anni e anni. 

Un bell’inizio no? Anche di questo mi dispiaccio molto, empatizzo profondamente con loro e credo di averlo fatto anche da bambina. Come se fosse un problema mio... anche capire e consolare loro. Se ci penso ad oggi, mi vengono i brividi, non posso negare la mia rabbia perchè mi domando quanta differenza avrebbe potuto fare l’essere preparati/accompagnati in questo viaggio iniziato in una data che ho chiamato dolceamara perché è contemporaneamente uno dei giorni più brutti della mia vita ma anche il nostro compleanno, una data da festeggiare. Nella famiglia affidataria erano così contenti di averci lì con loro che era importante, anzi necessario dimostrare entusiasmo e gratitudine, anche se da bambina odiavo quel giorno perché rappresentava uno spartiacque, mi sembrava la data in cui io avevo abbandonato i miei genitori, me li avevano fatti abbandonare….eppure noi soffiavamo palloncini e scartavamo regali. A volte mi domando come io abbia fatto a vivere emozioni così contrastanti fra loro. DOLCIEAMARE.

 A volte è difficile

tenere insieme tutti i pezzi, eppure sono stata brava nel provarci, nel riuscirci, ma a che prezzo!

La nostra esperienza di affido è stata una salita davvero lunga, in alcuni casi mi è sembrata una guerra, abbiamo sputato sangue, ci sono state delle ferite profonde, alcune delle quali evitabili. Nonostante ciò, ad oggi, son contenta di aver potuto risignificare questa esperienza perché ci ha portato alla costruzione di una nuova famiglia che esiste tutt’ora e che è diventata anche fonte di opportunità e affetto…non solo una postazione dove stare.. come volevano farci credere. Una famiglia affidataria non è e non può essere questo, non dovrebbe a mio avviso sostituirsi a i tuoi genitori ma non sono nemmeno un parcheggio. Credo sia indispensabile fare chiarezza, trovare un ruolo che dia legittimità non solo in termini di responsabilità legale, di tutori (tra l’altro credo che anche su questo fronte siamo molto lontani), ma anche in termini di persona umana che ha dei sentimenti, che non sempre si possono controllare. Non so nemmeno se sarebbe giusto controllare la voglia di amare. La chiarezza è dovuta. Si fa per il bene dei genitori affidatari, per il bene dei bambini che altrimenti come me si accollano i problemi di tutti, si annullano, per far contenti

gli altri ma invano…perché quella contentezza non te la deve ne può dare un bambino, la devi creare con consapevolezza, formazione, impegno, empatia, sostegno quotidiano.

 

PAROLE CHIAVE da tenere a mente- suggestioni

OGNUNO HA LE PROPRIE RESPONSABILITA’- eccetto il bambino- che deve poter essere bambino

PERCORSO CONDIVISO- essere accompagnati e non gettati in una situazione che può procurare un nuovo-ennesimo- trauma. 

COLLABORAZIONE piuttosto che COMPETIZIONE fra le diverse figure genitoriali, immagino la possibilità di essere una squadra, la stessa, più che in trincea.

CONSAPEVOLEZZA della propria EMOTIVITA’ per i genitori affidatari e genitori biologici, col fine di non buttarla addosso ai bambini, che nel timore di poter perdere le loro figure di riferimento, vivranno sempre all’erta a muoversi in base ai bisogni altrui e mai ai propri. Il rischio è l’annullamento di sé.

RISPETTO DEI BISOGNI di TUTTI, è vero che il bambino e al centro dell’interesse, ma se schiacci i bisogni di un genitore che desidera diventare madre, su chi verrà riversato quel desiderio mancato?

L’AFFIDO non E’ INTERSCAMBIABILE CON l’ADOZIONE!!!L’IDONEITA’ non può essere solo un PREREQUISITO ma un PROCESSO DA COSTURIRE mano a mano, situazione per situazione e persona per persona!

RICONOSCIMENTO di UN RUOLO LEGITTIMATO dall’ESTERNO- dalla LEGGE Cosa può o non può fare un genitore affidatario? Un bambino affidato può andare in gita all’estero? Come funziona se deve essere operato d’urgenza? 

Riconoscimento anche della parte EMOTIVA, aspettative, paure, dis-illusioni. È importante stabilire REGOLE e CONFINI tra i genitori biologici e affidatari. Mio padre mi diceva “non fare

fotografie con quelli lì” ma come ha potuto chiedermi questo? Eppure lo ha fatto , non si è mai arreso a tenermi stretta a sé. 

Il patto di fedeltà è sempre alto. 

E tu ti senti diviso in due, o in tre.

FACILITARE LA COMUNICAZIONE fra genitori così tanto diversi, altrimenti inevitabilmente, il bambino dovrà ritrovarsi a studiare esattamente cosa può fare e con chi e poi metterlo da parte per riadattarsi al nuovo assetto. E farlo ripetute volte. Un caos totale nel cervello, e sarà un calcolatore invece che un bambino spontaneo.

Necessità MONITORAGGIO continuo. L’affido mi sembra un percorso ad ostacoli, che sono da mettere già in conto e monitorare da chi ha le competenze per farlo, non da chi è così dentro la situazione ed emotivamente coinvolto. 

Soprattutto non dai bambini.

 

Una doppia figlia. Psicologa psicoterapeuta e aspirante madre adottiva

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Commenti: 1
  • #1

    Silvia Aimone (giovedì, 14 settembre 2023 19:32)

    Che brutto pasticcio! Brutta storia, ben riassunta. É incredibile che nonostante l' impegno di molti, l' affido sia stato e rimanga troppo spesso una brutta toppa su una famiglia inadeguata, una scelta che non rispetta e non aiuta nessuno. Ben rimarca l' autrice, l' errata impostazione che viene imposta allecrelazioni tra le due famiglue. Però, bello che, nonostante tutto, lei ne sia venuta fuori così bene!!