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Come posso io non celebrarti vita... oh vita ... oh vita

Il primo concerto di Jovanotti l’ho vissuto nel lontano 1994: da allora le sue canzoni mi accompagnano come colonna sonora, sono passate dai diari del liceo alla vita di tutti i giorni, mi accompagnano in quello che faccio e che sono.

 

Anche nell’affido.

 

Perché l’affido è una miriade di emozioni che tamburano nel cuore, è l’ombelico del mondo che entra nella porta di casa, è una melodia d’amore un po’ stonata sussurata la notte quando il lettone è fin troppo pieno di piccoli piedi che scalciano e di nasi colorati che russano sereni e sicuri…

 

Io e la mia compagna non abbiamo figli.

 

O meglio: non abbiamo generato, non abbiamo biologicamente “procreato”, si dice così.

 

Perché di figli ne abbiamo, ne abbiamo eccome.

 

Il primo è stato M., entrato nella nostra vita a sette anni e sparito dal nostro quotidiano dopo tre anni, per motivi legati alla sua cultura, ai suoi genitori..una ferita aperta e dolorosa che ancora speriamo di curare in qualche modo. Non lo vediamo da qualche mese, ma è figlio. E sempre lo sarà.

 

E’ figlio perché dopo la sua ennesima operazione al cuore noi eravamo lì e lui ci stringeva la mano; è figlio perché si fida ancora di noi, sa che ciò che sta accadendo non dipende da noi; è figlio perché ho nel cuore ogni istante passato con lui, dal fare controvoglia i compiti il sabato mattina alla volta che ha imparato ad andare in bicicletta o siamo andati per la prima volta al mare…

 

M., con la sua pelle di ebano e i suoi bellissimi capelli resistenti all’acqua!

 

Poi è arrivato F., con un progetto di prima accoglienza: dieci giorni, non riconosciuto da nessuno e quattro mesi di puro amore e dolcezza, con i suoi occhietti sudamericani vispi e il suo sorriso felice in ogni istante…

 

Con lui abbiamo passato un’Estate di pura felicità, adesso è stato adottato, siamo diventati amiche dei suoi genitori e lo accompagniamo un po’ più da lontano, con il cuore che batte a mille nel vederlo star bene, amato e sempre sorridente…

 

Il terzo figlio è I., adesso diciasettenne: un incontro quasi casuale, un amore scattato quando aveva 14 anni, cresciuto nel tempo fino ad arrivare alle chiavi di casa, una camera per lui, le vacanze insieme e ovviamente la password del registro elettronico della scuola…

 

Bello, attento, bravo, premuroso: I. ha una famiglia di origine da cui sta ogni tanto e che gli crea non pochi casini… ma ha le chiavi di casa nostra, ci riempie il cesto di roba da lavare e brontola se manca il ketchup perché lui da bravo filippino lo mette un po’ ovunque…

 

So benissimo quando è diventato definitivamente figlio, non me lo scorderò mai:

 

eravamo a una cena in parrocchia, alla fine dei centri estivi. I. mi dice che sul registro c’erano i quadri, i voti di scuola: rischiava due materie, avevamo studiato insieme per tutto l’anno.

 

Tutti sei. Passato a Giugno.

 

Ha iniziato a correre, mi ha tirato su di peso, ha urlato di gioia e io mi sono commossa: orgogliosa e felice per lui. Da quel momento è entrato definitivamente nel cuore, e non ne uscirà più.

 

Perché questo sono i figli: diamanti preziosi che si incastonano nel cuore e lo rendono più brillante, per sempre.

 

E rimangono lì, anche se nel presente sono lontani, anche se non sempre è possibile continuare a vederli e stare con loro.

 

Attualmente siamo alle prese con un’altra neonata, una piccola un po’ “speciale” che ci sta assorbendo ogni giorno di più…domani ha due mesi, ed è bellissima nel suo essere unica e diversa dagli altri…

 

Questo è l’affido, questo è accogliere bambini di ogni età e colore: diamanti preziosi che niente e nessuno potrà mai portare via dal nostro cuore.

 

E allora… “come posso io, non celebrarti vita… oh vita… oh vita…”

 

E ancora (questa è la mia canzone preferita!!!)

 

“La bella vita con i bambini che vanno a scuola,

 

e la fiducia che si accontenta di una parola.

 

La bella vita senza confini senza confini,

 

come i bambini come i bambini come i bambini…”

 

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