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L'AFFIDAMENTO DEL MINORE AL SERVIZIO SOCIALE DOPO LA RIFORMA CARTABIA

 

La riforma Cartabia ha introdotto nuovo articolo 5bis all'interno della legge 4 maggio 1983 n. 184 per disciplinare l'affidamento del minore al servizio sociale: 

 

...salvi i casi di urgenza, il minore può essere affidato ai servizi sociali solo quando si trovi in una condizione di pregiudizio che richiede l’applicazione di una misura di limitazione della responsabiltà genitoriale ex articolo 333 c.c. e gli interventi di sostegno alla famiglia previsti dall’articolo 1 della legge 184 si siano rivelati inefficaci o i genitori non abbiano collaborato alla loro attuazione.

 

Con il provvedimento che dispone l'affidamento del minore al servizio sociale il tribunale è tenuto a indicare: 

a) il soggetto presso il quale il minore è collocato;

b) gli atti che devono essere compiuti direttamente dal servizio sociale dell’ente locale, anche in collaborazione con il servizio sanitario, in base agli interventi previsti dall’articolo 4, comma 3;

 

c) gli atti che possono essere compiuti dal soggetto collocatario del minore;

d) gli atti che possono essere compiuti dai genitori;

e) gli atti che possono essere compiuti dal curatore nominato ai sensi dell’articolo 333, secondo comma, del codice civile;

f) i compiti affidati al servizio sociale ai sensi dell’articolo 5, comma 2;

g) la durata dell’affidamento, non superiore a ventiquattro mesi;

h) la periodicità, non superiore a sei mesi, con la quale il servizio sociale riferisce all’autorità giudiziaria che procede ovvero, in mancanza, al giudice tutelare sull’andamento degli interventi, sui rapporti mantenuti dal minore con i genitori, sull’attuazione del progetto predisposto dal tribunale. 

 

Nei procedimenti instaurati dopo il 30 giugno 2023, la riforma Cartabia prevede l'obbligo di ascolto diretto del minore, ossia non sarà più possibile delegare tale compito ai giudici onorari, che potranno al più assumere il ruolo di ausiliari (articolo 473-bis.1, secondo comma, c.p.c.): tale previsione mira a garantire le garanzie di giusto processo e alta specializzazione del giudice in una delle fasi più delicate dei procedimenti minorili quale l'ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano. 

 

La Cassazione, con ordinanza 21 novembre 2023 n. 32290, ha affermato che l'affidamento del minore ai servizi sociali, oggi specificamente disciplinato dall’art. 5-bis  della legge 4 maggio 1983 n. 184, costituisce una species del più ampio genus dell’affidamento a terzi, ma presenta alcune peculiarità,  in ragione della natura e delle funzioni dei servizi sociali ed anche delle ragioni che determinano il giudice della famiglia a scegliere un soggetto pubblico, avente compiti istituzionali  suoi propri, prefissati per legge, e non una persona fisica individuata in ambito familiare.  

 

La Cassazione, ordinanza n. 32290/2023, fa dunque  chiarezza sul regime di assegnazione della prole minore ai servizi sociali individuando una linea di continuità tra quanto specificamente previsto dalla Riforma Cartabia a partire dal 28 febbraio scorso e quanto invece desumibile dal regime precedente. Affermando che anche prima dell’inserimento dell’articolo 5-bis nella legge n. 184 del 1983, da parte del Dlgs n. 149 del 2022, il “mandato di vigilanza e di supporto” va distinto dalla diversa ipotesi di affidamento ai servizi a seguito di un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale. In questo secondo caso i compiti dei servizi sociali devono essere descritti specificamente, in quanto essi non possono svolgere funzioni tipiche dei genitori se non chiaramente individuate nel provvedimento limitativo.

Il chiarimento arriva nell’ambito di un procedimento per la richiesta della modifica del regime di affidamento condiviso, con collocamento presso la madre delle figlie minori, due gemelle di dieci anni, addizionato da un mandato di vigilanza e supporto e conferito ai servizi sociali, ai quali si sono contestualmente conferiti compiti di accertamento e compiti ausiliari (ex articolo 68 c.p.c.). La Corte di appello, valutati i motivi di ricorso e la allegazione di una situazione di pregiudizio per le minori, asseritamente causata dalla madre, aveva poi “correttamente”, scrive la Corte, nominato una curatrice speciale per le minori, ai sensi dei (previgenti) articoli 78 e 79 c.p.c.

 

Per la Prima sezione civile a, dunque, ove sia disposto l’affidamento del minore ai servizi sociali, occorre distinguere l’affidamento con compiti di vigilanza, supporto ed assistenza senza limitazione di responsabilità genitoriale (c.d. mandato di vigilanza e di supporto), dall’affidamento conseguente ad un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale.

 

Affidamento con compiti di vigilanza

Nel primo caso, prosegue la decisione, si tratta del conferimento da parte del giudice di un mandato con la individuazione di compiti specifici per assicurare la funzione di supporto ed assistenza ai genitori ed ai figli e per vigliare sulla corretta attuazione dell’interesse del minore. Questa tipologia di “affidamento” ai servizi, che è più corretto definire mandato di vigilanza e supporto, non incidendo per sottrazione sulla responsabilità genitoriale, non richiede, nella fase processuale che precede la sua adozione, la nomina di un curatore speciale, salvo che il giudice non ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi, e non esclude che i servizi possano attuare anche altri interventi di sostegno rientranti nei loro compiti istituzionali. Si richiede tuttavia che il provvedimento del giudice sia sufficientemente dettagliato sui compiti demandati – con esclusione di poteri decisori – e che siano definiti i tempi della loro attuazione, che devono essere il più rapidi possibili.

 

Affidamento conseguente ad un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale.

Nel secondo caso, invece, il provvedimento di affidamento consegue ad un provvedimento limitativo (anche provvisorio) della responsabilità genitoriale. E siccome costituisce una “ingerenza nella vita privata e familiare” (similmente all’affidamento familiare, sul punto v. Cass. n. 16569 del 11/06/2021) allora “deve essere giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente alla attuazione degli interessi morali e materiali del minore, non avendo sortito effetto i programmi di supporto e sostegno già svolti in favore della genitorialità”.

 

Dott.ssa Emilia Russo

Consulente Legale Esperta in Adozione ed Affido,

Mediatrice Familiare

 

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