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Parto in anonimato. Cosa dice la legge?

 

La nascita di un bambino è un evento straordinario che incide profondamente nella vita di una donna, non è detto però che venga sempre vissuto con gioa e serenità. Durante la gravidanza, specialmente in situazioni di difficoltà, è indispensabile che la donna sia seguita in maniera qualificata in modo da evitare decisioni affrettate e spesso drammatiche per la donna stessa e il nascituro.

Ogni donna ha il diritto di essere accolta, ascoltata, compresa e informata affinché la sua scelta sia libera e consapevolmente responsabile.

È bene sapere che in Italia, così come in altri Paesi del mondo, è possibile partorire in anonimato, alla donna deve essere garantita la massima riservatezza, senza giudizi colpevolizzanti ma con interventi adeguati ed efficaci, per assicurare- anche dopo la dimissione - che il parto resti in anonimato. L’espresso riconoscimento della possibilità della donna di partorire nell’anonimato arriva solo con la legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo) che ha modificato l’art. 70 dell’Ordinamento dello stato civile del 1939, poi definitivamente abrogato, in cui al primo comma si legge un testo <> transitato inalterato nel nuovo Regolamento dello stato civile vigente, art. 30 I comma del d.p.r. 3/11/2000 n. 396 (Dichiarazione di nascita)


La donna che non riconosce e il neonato sono i due soggetti che la legge deve tutelare, intesi come persone distinte, ognuno con specifici diritti. La legge, quindi, consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’ospedale in cui è nato (DPR 396/2000, art. 30, comma 2)  nel più totale anonimato e con la certezza che sarà al sicuro .

Il nome della madre – se questa è la sua volontà – rimarrà sempre segreto e sul certificato di nascita del bambino (la cui dichiarazione sarà fatta dal medico o dall’ostetrica) verrà scritto: “nato da donna che non consente di essere nominata”.

 

Adozione IMMEDIATA

"L’immediata segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni della situazione di abbandono del neonato non riconosciuto, permette l’apertura di un procedimento di adottabilità e l’ individuazione di un’idonea coppia adottante". Il neonato ha così garantito il diritto di crescere ed essere educato da una famiglia e assumere lo status di figlio legittimo dei genitori che lo hanno adottato.

Parto in anonimato e “culle per la vita”

Se la donna non partorisce in ospedale c’è una soluzione sicura che garantisce al neonato la sopravvivenza. Esistono le cosiddette “culle per la vita” , una volta venivano chiamate “Ruote degli Esposti”, che consentono di mettere il neonato in un posto protetto e sicuro, in cui riceverà immediatamente assistenza e cure.

La “culla per la vita” di solito è collocata in luoghi facilmente raggiungibili e garantisce la massima privacy . È dotata di culla, riscaldamento, chiusura di sicurezza ed è collegata con un servizio di soccorso h24 tutti i giorni della settimana. Successivamente prende il via l’iter per l’adozione.

 

Ripensamento

Potrebbe capitare che, anche se la segnalazione al Tribunale per i minorenni è stata fatta, la mamma abbia un ripensamento e chieda del tempo per pensarci o di poter effettuare il riconoscimento. In questi casi la procedura di adottabilità del neonato viene sospesa per massimo 2 mesi durante i quali la mamma deve avere un rapporto costante con il bambino. Il riconoscimento può essere fatto dopo aver compiuto 16 anni. Se la ragazza non ancora sedicenne vuole occuparsi del figlio, la possibilità di adozione è messa in standby fino al 16 esimo compleanno.

 

Diritto a conoscere le proprie origini

Nel 2001 con la legge 28/3/2001 n. 149 l’accesso alle origini per i minori abbandonati ed adottati riceve una nuova regolamentazione. Si prevede che siano i genitori adottivi a provvedere ad informarlo di tale sua condizione nei modi e termini che essi ritengono più opportuni. L'adottato, Compiuti 25 anni può presentare al Tribunale per i Minorenni una domanda per accedere alle informazioni relative alla sua origine e all’identità dei propri genitori biologici. (ovvero anche al raggiungimento della maggiore eta', se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica) potrà accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici; l’autorizzazione potra’ essere data ove si escluda che l’accesso possa comportare grave turbamento all'equilibrio psico-fisico del richiedente. L'accesso alle informazioni da parte dell’adottato, nel testo originario del VII comma, riformulato nel 2003 con d.lgs 30/6/2003 n.196, è decisamente escluso nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del d.p.r. 3/11/2000, n. 396.

Tale limite inteso in senso assoluto, tuttavia, ha trovato una recente apertura con la pronuncia di una sentenza della Corte Costituzionale. In virtù di tale pronuncia, da oggi la donna sarà libera di scegliere (facoltà finora preclusale) se revocare o meno il proprio anonimato qualora il figlio abbia manifestato la volontà di conoscerla.

 

Dott.ssa Emilia Russo

Consulente Legale Esperta in Adozione ed Affido,

Mediatrice Familiare

 

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